Bibliografia sulla Sibilla Appenninica

Qui c’è un articolo che ho scritto io, è un po’ vecchietto ed era un estratto della mia tesi di laurea magistrale. L’intento è quello di ragionare su come la lettura storica del mito della Sibilla Appenninica potrebbe essere utile alla valorizzazione del territorio, questo è più difficile se il mito viene interpretato secondo criteri non storici. Pur essendo ancora convinta di questo ultimo punto, al momento il mio modo di vedere le letture non storiche è leggermente cambiato rispetto a quanto dico nell’articolo. Penso che sia comunque un punto di vista da conoscere, e tutta la prima parte dello scritto è un buon riassunto, con buona bibliografia, della genesi del mito della Sibilla Appenninica.

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Nella letteratura la Sibilla Appenninica compare due volte, in due romanzi del 1400,

il primo è Le avventure di Guerrino detto il Meschino è scritto da un autore toscano (Andrea da Barberino) che lo recitava a voce in piazza, e quindi si rivolgeva a un pubblico ampio e diversificato.

Si tratta di una sorta di romanzo cavalleresco e in uno dei capitoli il protagonista si reca alla grotta della Sibilla Appenninica

Il testo ha subito diversi rimaneggiamenti e ne abbiamo diverse copie manoscritte, una versione critica (dove quindi si tiene conto delle varie differenze tra i testi, che vengono segnalate e approfondite da un filologo professionista) è l’edizione curata da Mauro Cursietti

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Il secondo è Le paradis de la Reine Sibylle, di Antoine de la Sale, intellettuale di corte francese che scrive per essere letto da persone di ceto sociale elevato. Il racconto che riguarda il viaggio nelle terre della Sibilla Appenninica è una parte del libro che l’autore chiama La Salade (in francese “insalata” ma anche titolo che, riprendendo il cognome dell’autore, rimanda alle sue avventure di viaggiatore)

Per avere un’idea del contesto in cui collocare il romanzo può essere utile il saggio di Luca Pierdominici
Luca Pierdominici, in Quaderni di filologia e lingue romanze, terza serie, 5 (1990), pp. 41-63. .

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il Paradis de la Reine Sibylle, con introduzione e versione francese a fronte,

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Le parti di questi due romanzi che interessano la Sibilla Appenninica sono stati tradotti in italiano e in inglese in un unico volume (le immagini contenute nel volume non fanno riferimento alla Sibilla Appenninica)

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La presenza della Sibilla si trova in leggende e poesie della tradizione delle aree interne delle Marche centro-meridionali, in ogni libro che parla di leggende, miti e racconti delle Marche troverai facilmente una sezione dedicata alla Sibilla, con storie che variano a seconda della zona o del momento storico in cui sono state scritte.

Gli altri testi in cui si fa menzione della Sibilla Appenninica o si riportano informazioni che sembrano essere collegate a questo mito, sono state raccolte da Luigi Paolucci, uno dei primi studiosi a nominare come “Appenninica” la Sibilla delle leggende marchigiane, creando quindi un personaggio “da aggiungere” al canone sibillino veicolato dalla chiesa cattolica.

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Le leggende sulla Sibilla Appenninica crescono e si modificano continuamente nel corso del tempo; una delle ultime interpretazioni è quella di stampo femminista, che dagli anni Sessanta del Novecento utilizza la potente figura della Sibilla come immagine del mancato riconoscimento del valore della donna e come simbolo delle sue capacità e conoscenze tramandate.

Un lavoro di questo tipo è stato fatto da Joyce Lussu, intellettuale marchigiana di famiglia inglese, partigiana, femminista, anticlericale, che riscrive le storie della tradizione marchigiana per usarle come chiave di rilettura della società e della cultura nella quale si trova a vivere e della quale vede urgente necessità di cambiamento.

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Le teorie di Marija Gimbutas sulla “Grande Dea” (della quale non si hanno documentazioni storiche e il cui culto non è quindi stato scientificamente dimostrato) si intrecciano con interpretazioni di stampo femminista e danno origine a diverse riscritture del mito della Sibilla Appenninica, con letture di stampo esoterico, romanzesco, pseudostorico o promozionale. Queste opere non applicano alla leggenda un metodo storico scientifico affidabile e condivisibile; le conclusioni riportate non sono dunque da ritenere, storicamente attendibili, nemmeno nei casi in cui sembrano esserlo. Questi lavori rappresentano un ennesimo esempio di come le esigenze e le influenze culturali di un dato periodo storico portano a modificare i racconti tradizionali, che vanno quindi a soddisfare bisogni sempre nuovi e che, proprio grazie a queste operazioni, durano nel tempo. Si collocano in questo ambito, tra i tanti, i lavori del Progetto Elissa, Annamaria Piscitelli, Marco Carobbi, Paola Consolati, Giovanni Rocchi, Lando Siliquini, Giuliana Poli, Enrico Tassetti, Renzo Roiati.

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