Nel Medioevo il paesaggio non viene rappresentato, se non con un micro oggetto che ricorda un ambiente naturale (un alberello, un micro-fiume…) per fare capire che la scena si svolge all’esterno
Poi con gli studi suo metodi scientifici per rappresentare la realtà, il paesaggio diventa lo spazio con cui la figura umana si deve rapportare, in maniera più realistica possibile
nel 600 si decide che anche il paesaggio, tutto sommato, è una faccenda bella da dipingere, ed ecco che lentamente i pittori si mettono a studiare alberi, colline e orizzonti e dipingono paesaggi grandiosi con viste ampie e infinite
ormai la pittura religiosa nel nord Europa sta finendo e c’è della gente ricca che i dipinti di soggetti diversi li compra e li paga bene: il paesaggio può essere il soggetto principale
Lorrain è un francese del 600 che vive soprattutto a Roma, dipinge paesaggi, guarda le campagne intorno alla città e becca un sacco di rovine, perciò le mette nei dipinti come ricordo di una grandiosa storia passata.
Lorrain ha la stessa età di Poussin, che è quello di “et in arcadia ego”. L’idea è quella di rivivere l’atmosfera dei tempi antichi, sempre ricchi di grandi insegnamenti: pure il paesaggio comincia a “parlare”, ad avere un significato suo.
la cosa interessante è che la gente ha visto questi dipinti che rappresentavano un paesaggio idealizzato e “antichizzato”, e su quelli ha formato il proprio gusto sul paesaggio: per secoli i luoghi più simili a questi dipinti sono diventati le “mete pittoresche” di molti viaggi
probabilmente da questo background figurativo deriva l’abitudine che ancora abbiamo oggi di mettere finte colonne rotte e statue di gesso nei nostri giardini
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