La memoria non è come la storia, fare storia significa capire cosa sta dietro alle memorie che la gente ti consegna
e ogni memoria vale uno, perché si parla di gente, e la gente non la puoi contare a mucchi, o almeno non sempre😅
questo è valido per le testimonianze orali, che molti si ostinano a ritenere “verità” perché “l’ho sentito io dalla voce del testimone” (anche se ormai da cento anni si discute su come usare i racconti dei testimoni)
ed è valido anche per le testimonianze scritte, che devono sempre essere guardate nel loro contesto. Questa riflessione Ginzburg, che pure ha avuto le sue critiche, la fa con i documenti sulla stregoneria
e cioè: l’inquisitore scrive ciò che l’accusato ha detto, ma a noi interessa anche il perché l’ha detto, e questo non lo trovi scritto da nessuna parte. Lo devi dedurre, avvicinandoti alla testimonianza ben armato di un metodo d’indagine e di una solida conoscenza.
i numeri che possiamo contare ci dicono: “tra le 40mila e le 100mila vittime della caccia alle streghe”, ma da soli non possono dirci quante, tra queste vittime, credevano nel diavolo, quante hanno confessato sotto tortura, quante usavano il sabba come strumento di autoaffermazione, quanti credevano di fare del bene con i “poteri oscuri” e via dicendo🕵🏻♀️
trovare le risposte è un lavoro; la storia, che spesso citiamo allegramente come “cultura generale” è un mestiere, ed è diversa dalla memoria
la memoria, il ricordo, sono robe che dividono la gente, creando i negazionismi, ad esempio (che poi, anche lì con il dato “tot negazionisti” ci fai poco: perché uno nega? Da chi ha avuto le info? Cosa vuole affermare negando? Ecc. ecc.)🤷🏾♀️
la conoscenza della storia è quella cosa che dovrebbe ricomporre le divisioni e cioè: “ok, è successo questo, che ne facciamo?” e insomma #teamstoria .
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