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Che cos’è l’arte?

Sul mio profilo Instagram (https://www.instagram.com/buontea) ho discusso con chi ne aveva voglia sul tema “cos’è arte” e l’ho fatto aprendo la possibilità a tutti di dare la loro definizione di “Arte”. Le risposte si potevano, alla fine, raggruppare in 4 categorie:

  1. è arte quando dà emozione
  2. è arte quando la fa un artista, cioè una persona che è tecnicamente bravissima o che ha la capacità di stimolare i tuoi sentimenti
  3. è arte quando ti porta a ragionare, ad associare diversi concetti e ti crea domande e risposte
  4. è arte quando è un’idea condivisa da tutti il fatto che sia arte

armiamoci di pazienza e ragioniamoci un attimo

Dopo aver ricevuto queste risposte ho fatto un giochino; ho associato alle varie risposte delle immagini che non siamo soliti associare all’arte, per esempio: all’affermazione “è arte quando ti suscita emozioni” ho associato l’immagine di una scritta razzista su un muro, perché ci suscita emozioni (sdegno? rabbia?) ma non è considerata “Arte” così come un’azione di protesta di un attivista ci può stimolare riflessione ma non la consideriamo “Arte”. Questo giochino serviva a capire come in effetti nessuna definizione sia così precisa.

L'epidemia dell'odio: nell'ultimo anno 1.379 aggressioni razziste,  omotransfobiche, antisemite e abiliste - UNAR
Suscita emozioni, ma è arte sta roba?

Non esiste una valida definizione di Arte

e questo non avviene perché l’arte è una cosa così grande e importante che non esistono parole umane per descriverla, bensì avviene per il motivo precisamente contrario: e cioè la parola Arte descrive un concetto, che è un concetto che cambia in base al tempo e alla cultura in cui lo usiamo. Cioè è un’idea fatta dalle persone e le persone cambiano.

Su questo tema c’è una puntata del podcast “Verba Manent” di Enrico M. Di Palma. Nel suo podcast Enrico, che è filologo, si occupa dell’evoluzione delle parole, partendo dall’etimologia e affrontando i vari usi della parola nel corso del tempo. Ho chiesto a Enrico una puntata appositamente sulla parola “arte” proprio per evidenziare come l’uso e il concetti legati a questo termine cambino nel corso del tempo.

La copertina della puntata di “Verba Manent”. Trovate il link per ascoltarla alla fine dell’articolo

In quel periodo stavo per registrare un’intervista con Yelena, che si è laureata con una tesi sul mercato dell’arte, e abbiamo parlato di come si attiva e come si modifica il sistema che legittima il valore economico altissimo delle opere d’arte contemporanea, di quelle che diciamo sempre “lo sapevo fare pure io”, per capirci. Quindi iniziare con le varie interpretazioni della parola Arte mi era sembrato un buon modo per discutere del presente.

La copertina dell’intervista con Yelena De Luca-Mitrjushkina. Trovate il link per vedere l’intervista alla fine dell’articolo

Cosa non è arte

Funziona che le persone producono delle cose, oggetti, concetti… cose di cui hanno bisogno. Si producono dipinti, gioielli, sedie, armadi, tappeti, strumenti musicali e tecnologici, forchette e cucchiai, e poi si producono libri, tesi, idee, musiche… tutte queste cose sono prodotte perché in qualche modo ce n’è bisogno. A un certo punto, gli intellettuali europei hanno deciso che tra tutta questa produzione dell’umanità, alcune cose andavano studiate a parte, perché il lato estetico di alcuni oggetti, e il contenuto di altri, soddisfacevano il loro gusto, e creavano in loro delle emozioni.

Si è deciso quindi che Arte fosse quella cosa che ti dà emozioni, che ti fa riflettere, che in qualche modo fa lavorare il tuo cervello e quindi ti rende migliore di una persona che il cervello non lo usa. Perché “usare il cervello” è diventato sinonimo di “apprezzare l’arte”

Così nasce l’estetica e così nasce l’abitudine di identificare l’arte con la “bellezza” (termine con il quale oggi viene identificata qualsiasi cosa venga dal passato e meriti di essere vista). Qui non parliamo dell’estetica perché ci vorrebbe un capitolo a parte, ma mi limito a dire che questa definizione fa acqua da tutte le parti, secondo il nostro sentire di oggi

perché esistono dipinti medievali che non sono proprio “bellissimi” secondo i nostri canoni di giudizio di oggi, per esempio quelli di Margaritone d’Arezzo (che io prendo sempre come esempio) ma quelli non erano artisti? e Giotto?

Madonna in trono di Margaritone d’Arezzo

La nostra narrazione si risolve a dire che i medievali avrebbero voluto fare cose bellissime ma non erano capaci perché non avevano le competenze tecniche, questo lo diciamo perché ci piace pensare in ottica evoluzionistica- Darwiniana tutta la storia del mondo, invece ai pittori medievali non interessava minimamente fare le cose in prospettiva, perché non erano intellettuali ottocenteschi e del “bello che eleva l’anima” non gliene fregava niente…

si vede bene come ogni definizione, alla fine, fa acqua da tutte le parti.

E le arti applicate? oggetti che non abbiamo il coraggio di definire “Arti” e basta perché sono fatti per essere usati e non per essere contemplati (servizi da tavola, carrozze, abiti, gioielli…) e l’architettura?

Arte non è opposto di scienza

ecco che sempre più chiaramente si vede che è difficile definire il significato della parola “arte”. Anzi, questa attenzione alla “bellezza” che ha spopolato nell’Ottocento e ancora continua a insinuarsi nelle nostre scuole, ha creato una lente attraverso la quale guardare e giudicare e selezionare le opere del passato, ma non certo una definizione universale di “Arte”

Con Roberta, che fa ricerca su come scienza e tecnologia si rapportino con la società che le crea e le racconta, abbiamo parlato di Arte e Scienza, e come queste due realtà vengano spesso contrapposte, di come oggi l’arte significhi emozione e come la scienza significhi utilità. Questa distinzione la facciamo oggi, però, perché in realtà in passato questi due concetti erano molto uniti e rispondevano alle stesse esigenze di indagine della realtà, cioè del mondo in cui si viveva. Leonardo da Vinci è una figura emblematica in questo senso, e non perché fosse un genio (come superficialmente lo si racconta oggi) ma perché era un uomo, sicuramente abile, ma un uomo del suo tempo, e nel suo tempo arte e scienza non erano questioni separate.

La copertina dell’intervista con Roberta Spada. Trovate il link per vedere l’intervista alla fine dell’articolo

Solo a un certo punto nella storia si decide di dare ad arte e scienza due identità definite, ma alla fine non sempre perfettamente definibili e non sempre adatte a tutti i tipi di scienza e arte, ma sempre definizioni che fanno comodo a chi le produce e le usa, al tempo in cui vengono diffuse. Anche su questo c’è una puntata del podcast di Enrico M. Di Palma

La copertina della puntata di “Verba Manent”. Trovate il link per ascoltarlo alla fine dell’articolo

Enrico, con la sua attività di seguire la storia delle parole, è importantissimo in questo discorso, perché ti fa proprio capire come effettivamente le definizioni corrispondono a una cosa, un settore, un concetto di cui hai bisogno, quindi sicuramente una persona del 2022 non ha la stessa esigenza di una del 1400 o di una del 345 avanti Cristo. Cambia tutto: il modo di percepire te stesso, la tua epoca, il passato, l’uso che fai della tua storia, i valori nei quali ti riconosci…

E ovviamente non si tratta di una scalata verso la perfezione, dove nel passato non si sapeva fare tutto ma si cercava di arrivare al punto in cui noi oggi siamo, perché questo modo di interpretare la storia è frutto di una narrazione evoluzionistica che faceva comodo ai tempi di Darwin ma non corrisponde effettivamente allo stato delle cose, perché non tiene conto di gente che ha fatto scelte diverse, ma anche qui è un capitolo a parte.

Arte non è solo bellezza

Fatto sta che con l’avvento dell’Estetica, che ancora oggi appunto esiste nelle nostre scuole, nelle mostre, nei musei, e nella cultura generale, l’idea è che l’arte è quella cosa che ti emoziona, e che attraverso l’emozione ti apre nuovi sportelli nel cervello. Perciò ho pensato di discutere su questo tema con Marta Romitelli, psicologa laureata in neuroscienze cognitive, con la quale abbiamo affrontato il discorso arte- emozioni. Ne è venuto fuori che, in sostanza, è il nostro cervello a produrre emozioni e lo fa elaborando quello che ha immagazzinato nel corso del tempo (esperienze, traumi, gioie…). La causa scatenante di questa produzione di emozioni può essere un qualsiasi stimolo: da una foto a un tramonto, da un film a un dipinto, a un oggetto sconosciuto o noto che sia. Quindi le emozioni non le fa l’arte, le facciamo noi, e nell’emozionarsi davanti a un dipinto famoso c’è (tra le altre cose) tutto il racconto che di quel dipinto ti viene fatto, per anni, a scuola.

La copertina dell’intervista con Marta Romitelli. Trovate il link per vedere l’intervista alla fine dell’articolo

Ma quindi, questa arte, cos’è?

possiamo ragionevolmente dire quindi che arte è quello che noi, nella nostra cultura, in questo momento e in questo luogo geografico, decidiamo che sia arte, perché soddisfa la nostra idea del momento, e la nostra idea del momento è che una persona esperta sa riconoscere cosa è arte e cosa no. Quindi la nostra collettività conferisce a una serie di figure professionali (storici, critici, studiosi) la capacità e l’autorità di decidere cosa sia arte e cosa no. Nel momento in cui una di queste persone ci dice che la banana attaccata al muro da Cattelan è arte, possiamo storcere il naso eventualmente, ma sicuramente ci saà un dibatitto. Se un meccanico ti dice la stessa cosa, gli ridi in faccia.

Ovviamente, se una grossa parte della collettività è disposta a fidarsi di un professionista che ti parla di arte, quel professionista non dirà mai qualcosa che la collettività non è pronta ad accettare, perché anche lui ( o lei!) si è formato nelle scuole di quella collettività, ha letto i libri di quella cultura, e non è una persona che è stata calata dagli alieni sulla Terra, ma un individuo che ha studiato in seno a quella cultura a cui ora, come tutti, contribuisce. Per quanto innovative potranno essere le sue idee, non saranno mai “aliene” alla comunità in cui è cresciuto, radicato e inserito.

Per fare un esempio, se nel 1400 qualcuno avesse detto che una banana attaccata al muro è arte, nemmeno l’intellettuale di corte più istruito avrebbe detto “forse” perché l’idea di arte era TOTALMENTE diversa; per noi risulta comunque strana ma accettabile, perché veniamo dalle avanguardie del 1900, dall’arte concettuale, e siamo abituati, quando guardiamo un’opera, a chiederci “che significa?”

Non esiste l’arte che ti apre la mente verso verità più alte, esiste una comunità che è pronta a un messaggio e lo riceve da un artista, anche lui parte di quella comunità. Perché nemmeno l’artista è stato mandato dagli alieni, nemmeno se usa le droghe più allucinogene del mondo ti darà un messaggio che viene da un altro mondo: l’artista nasce, vive e cresce in mezzo a una cultura, e la sua produzione sarà collegata a quella cultura .

L’artista non è un visionario?

Quando pensiamo che un artista sia visionario o anticipi le epoche e le tecniche, in realtà siamo noi, nel nostro tempo, che selezioniamo quegli artisti che hanno fatto quelle scelte che ci hanno condotti dove siamo ora. Scegliamo, per dire che sono geni, quegli artisti che sono stati scelti dai nostri nonni e dai nostri bisnonni, e che inevitabilmente sono mattoncini che hanno costruito la casa della nostra cultura. Ma contemporanei a quelli, ci sono tanti altri artisti che non sono stati scelti come geni, non perché fossero meno artisti o meno bravi, ma semplicemente perché si è scelto di seguire un’altra via.

La stessa cosa facciamo noi quando decidiamo cosa tramandare ai posteri: non esiste una cultura universale, ma siamo noi che decidiamo, secondo i nostri valori, la nostra cultura e le nostre esigenze, di conservare e mostrare ai nostri pronipoti alcune cose, quelle cose che corrispondono a un valore, ma sempre secondi nostri criteri.

Il modo in cui le trasmettiamo le opere e le scegliamo non parla di una storia o di una cultura universale dell’umanità; questo si vede nei musei e in come li organizziamo, e di questa cosa ho parlato con Carolina Boldoni, antropologa culturale che si occupa di museologia e con la quale abbiamo discusso su come il museo non sia assolutamente un luogo “neutrale” dove si espone il patrimonio universale, ma un luogo fortemente politico e fortemente condizionato dalla visione che si ha del mondo e delle altre culture. Perché fino ad ora abbiamo fatto un discorso che si rivolge al passato, ma non dobbiamo dimenticare che non tutte le culture contemporanee sono uguali alla nostra.

La copertina dell’intervista con Carolina Boldoni. Trovate il link per vedere l’intervista alla fine dell’articolo

A che serve allora, studiare l’arte?

certo che no! anzi, l’emozione ci sta tutta, è un motore potentissimo per la vita di tutti i giorni e fa parte del nostro essere umani ma, come abbiamo visto, emozionarsi davanti a un dipinto è il nostro modo di reagire come individui al dipinto, cioè è un uso privato, individuale, che parla della nostra storia personale e non della storia del dipinto. Le emozioni non sono certo la ragione per cui la collettività conserva le opere e investe nei musei.

L’utilità di studiare arte (storia dell’arte, storia della critica, storia delle immagini, storia della storia dell’arte…) non consiste nel vedere la bellezza e cercare di emozionarsi per raggiungere l’iperuranio, o nello “spiegare” agli altri come mai questo pittore è più fico dell’altro; ma consiste nel ragionare sui nostri modi di pensare, il che ci serve a contestualizzare i nostri valori, non pensarli come assoluti e universali ma come scelte che facciamo ogni giorno; questo non rende i nostri valori meno importanti, anzi! quello che si sceglie è molto più significativo di quello che ti viene imposto, ma se hai la possibilità di scegliere hai anche la possibilità di cambiare e conoscendo la tua storia impari a non avere paura del cambiamento. Solo in questo modo possiamo contribuire a quel famoso progresso a cui crediamo molto in questi secoli.

Approfondimenti:

se vi interessa approfondire, A QUESTA PAGINA trovate tutti i link diretti ai video, alle interviste con le studiose e gli studiosi, e ai podcast di cui ho parlato.

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