Santa Caterina d’Alessandria, che quando nasce è solo Caterina che vive ad Alessandria d’Egitto, è una che oggi definiremmo moderna.
Infatti studia un sacco e ci tiene al suo pensiero. Studia quelle che nel Medioevo si chiamano arti liberali, cioè quelle che richiedono l’uso del pensiero. Lei vive nel III/ IV secolo d.C., ma la sua storia si racconta a partire dal Medioevo, quindi qualche particolare è un po’ anacronistico. Comunque è molto cólta.
Oltre a questo, è cristiana, e ciò non era perfettamente tollerato, come sappiamo, ai suoi tempi.
Pure il mio racconto in alcune parti sarà un po’ anacronistico: parlerò di girlpower, che poco c’entra con le intenzioni del pittore. Però può essere uno stratagemma utile a ricordare che l’immagine che abbiamo della donna è fatta di cultura, non di natura 😉
[DISCLAIMER: la parte di testo verde riguarda miei commenti personali, non le intenzioni del pittore 😉 ]
L’imperatore (Massenzio secondo alcune fonti, Massimino secondo altre) sottopone Caterina a una sfida: un dibattito con i maggiori uomini sapienti del suo regno. Si vede che ancora non esistevano gli stereotipi femminili di oggi, perché altrimenti non si sarebbe azzardato a sfidare una donna in un dibattito 😜. Però Caterina era molto bella, quindi sicuramente la ragione dell’imperatore è stata offuscata, perciò gli stereotipi, alla fine, ci sono 😆
Caterina ovviamente vince il dibattito e l’imperatore ci rimane assai male, tanto da imprigionarla e decidere di sottoporla a tortura, a meno che non si conceda a lui (figuriamoci: è nervoso, ma tutto passa se lei si concede 😆), cosa che ovviamente lei rifiuta di fare. Quindi l’imperatore procede e ordina la tortura.
La tortura scelta è quella della ruota dentata, che avrebbe dovuto lacerare le carni della ragazza, ancora floride nonostante la prigionia. Quindi oltre la tortura, lo sfregio alla bellezza, di cui spesso si parla anche oggi, purtroppo 😕
La tortura però non funziona, perché Dio miracolosamente rompe la ruota e Caterina è salva. Nel dipinto si vede Caterina che si staglia luminosa sulla ruota dentata, vincente grazie all’aiuto di Dio.
Sopra di lei, però, si affaccia un angelo che le porge la palma: il simbolo del martirio. Dopo la ruota, infatti, Caterina muore decapitata, sacrificando la sua vita per non rinunciare alla fede e ricevendo quindi la gloria del martirio.
Questo è il momento che il pittore rappresenta: l’istante della morte: Però la scena non è sanguinosa né sofferente, e il sacrificio supremo è simboleggiato dal rametto di palma. Palma significa martirio, quindi è ovvio che è morta, chi guarda il dipinto lo capisce e sa che è stata una morte gloriosa perché avvenuta nella fede.
Il dipinto si trova nella Pinacoteca Comunale di Sarnano e sarà visibile a partire da Pasqua, quindi potremo andare a vederla e farci un selfie con l’ht #gilpower 😉
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