SIBILLA DELL'APPENNINO

Angeruta: sibille, donne, strolleche

foto dello spettacolo di pretare

Nel 2009 ho cominciato ad addentrarmi nella storia delle sibille; stavo studiando le dodici sibille dipinte da Nicola Amatore, che in quel momento erano conservate nel Palazzo dei Governatori.

Vado a Visso, passeggio per la strada, chiedo ai passanti se conoscono le dodici sibille e incontro un signore molto gentile (Valerio Franconi, che ringrazio ancora di tante preziose informazioni) che mi parla della storia della “strolleca” (astrologa, usato per “veggente”) Angeruta.

Una delle sibille di Visso (la Samia) che ho fotografato il giorno della mia prima visita

Col tempo, continuando a studiare i dipinti, mi accorgo che le dodici tele c’entrano molto poco con Angeruta e molto poco anche con la Sibilla dell’Appennino, ma la storia di Angeruta è molto interessante e la sua trama è tessuta sul territorio più di quanto si avverte la prima volta che ci viene raccontata.

Decido di approfondirla un po’ ed ecco quello che trovo:

Chi ci ha raccontato questa storia


La storia di Angeruta giunge fino a noi grazie al racconto di Cipriano Piccolpasso. Cipriano è un artista e intellettuale che vive nella prima metà del XVI secolo e proviene da una nobile famiglia bolognese trasferita nella città che oggi chiamiamo Urbania. Cipriano studia con i più noti ingegneri e matematici del suo tempo, diventa un abile architetto militare e finisce per lavorare a servizio del Papa. In particolare, dal 1558 al 1575, si trova a Perugia con l’incarico di Provveditore alla Fortezza Paolina: praticamente deve controllare che fortezze, restauri e urbanistica nei domini del Papa siano in buona salute. Mentre si occupa di queste faccende fa commenti, mappe e disegni che sono raccolti nel primo libro delle piante et ritratti delle città e terre dell’Umbria sottoposte al governo di Perugia (oggi ne esistono tre copie manoscritte, una conservata a Perugia e le altre due a Roma).
Questo testo è un interessante documento storico che apre una finestra sulla storia dei Sibillini, quando parla di Visso, Piccolpasso riporta la storia di Angeruta: un episodio accaduto nel 1564 durante una visita del cardinale Alessandro Farnese, futuro papa Paolo III.

La storia di Angeruta


Cipriano scrive che Alessandro Farnese si trovava in visita al Santuario di Macereto e che nella piazza di Visso era stato organizzato un banchetto in suo onore, al quale lui aveva voluto partecipare. Durante la festa una donna si era fatta strada tra la folla per avvicinarsi al Farnese: era la vedova Angeruta, moglie e madre di pastori, che a fatica aveva raggiunto il cardinale e gli aveva presto annunciato che sarebbe diventato papa. Farnese, tra il divertito e l’incredulo, aveva promesso una ricompensa, da ritirare al momento dell’avverarsi della profezia. Angeruta aveva allora detto che sarebbero stati i suoi figli a beneficiare della ricompensa, perché lei sarebbe morta prima di vedere il compiersi di tali eventi. Dopo qualche tempo, Alessandro Farnese sedeva sul trono pontificio col nome di Paolo III quando ecco apparire i figli di Angeruta, venuti a riscuotere la promessa ricompensa; il papa aveva allora mantenuto la parola concedendo ai due pastori il titolo di Signori Capriani, detentori cioè del diritto esclusivo di pascolo delle capre nel territorio di Visso. La richiesta dei pastori era sembrata sciocca e aveva fatto ridere i ricchi prelati romani vicini al papa, ma la concessione delle licenze di pascolo era servita ai due figli di Ageruta per garantirsi una buona rendita e vivere la loro vita agiatamente.

Tiziano Ritratto di Paolo III, 1543.
Napoli, Museo nazionale di Capodimonte

Angeruta, quindi, era una profetessa!


Nel racconto Angeruta fa ben due profezie davanti al cardinale: quella sulla propria morte e quella, più nota, sul futuro pontificato del Farnese. Entrambe le profezie si avverano e
questo ci fa capire che Angeruta è una donna che possiede una conoscenza di livello superiore a quanto è normalmente concesso agli umani, una donna che può accedere a una conoscenza esclusiva, preclusa alla maggior parte della gente: tutte le caratteristiche di una profetessa.
Piccolpasso non ritiene affatto insolite le capacità delll’anziana vedova; nel suo libro, precisa anzi che nella zona tra Visso e Norcia le donne fanno “professione di predir le cose future ed attendono ad incantesimi a stregherie e ad altre diaboliche illusioni”.
Quindi questa storia non ci parla solo di Angeruta, ma della storia del territorio, perché lei è solo una delle tante donne dei Sibillini che, nella tradizione popolare, sono note col nome di “sibille” o “stròlleche”. Ma chi sono queste donne?
Piccolpasso lavora per il Papa e non può dire che un sapere così grande è detenuto da qalcuno al di fuori dell’ordine ecclesiastico, quindi precisa che Angeruta era una donna molto religiosa ma usa i termini “stregherie e diaboliche illusioni” per ricordare che tali pratiche non sono apprezzate dalla Chiesa. Non è molto difficile per lui parlare di streghe sui sibillini, perché su questi monti aleggia da secoli una fama demoniaca, legata alla misteriosa presenza della Sibilla dell’Appennino: la mitica profetessa che, secondo la leggenda, ha la sua dimora nel ventre del Monte Sibilla.

Carlo Crivelli, San Giacomo della Marca ,1477 Parigi, Louvre

Perché proprio su questo territorio?


Anche la Sibilla della leggenda appenninica è, come Angeruta, una donna che conosce il futuro. Di questa Sibilla ci parlano due romanzi del XV secolo, molto famosi, che raccontano di una profetessa ammaliatrice, seduttrice pericolosa che sceglie di vivere lontano dalla legge di Dio. Perché
Sui Sibillini, già dal XIII secolo, c’erano molte persone che rifiutavano quella legge: francescani dissidenti, eretici di varie fedi e ghibellini arrabbiati col Papa si rifugiavano in questi monti e i frati osservanti (famoso è Giacomo della Marca) si adoperavano a mettere in guardia i fedeli, ricordando che chi si allontana dalle leggi della Chiesa si allontana da Dio. Chi viveva in queste zone, quindi, non faceva fatica a credere ai racconti sulla Sibilla, anzi, i racconti sulla sibilla si tramandavano di generazione in generazione.

Quindi, i frati osservanti predicano in lungo e in largo e le storie sulla Sibilla diventano sempre più note; tutto questo avviene tra il Quattrocento e il Cinquecento, e nello stesso periodo si diffonde un nuovo interesse per la magia. La magia è quell’arte che si crede capace di manipolare la natura a piacimento dell’uomo, usando anche le divinità “pagane” che il Cristianesimo rifiutava e, ovviamente, tutte le pericolose entità che fanno parte dell’immaginario fantastico medievale, come le fate, i satiri, le ninfe, ecc.
Le popolazioni dei Sibillini narrano le storie di Sibilla, e raccontando a voce, si sa, qualcosa cambia sempre… tutti gli elementi di cui ho appena detto si fondono nei nuovi racconti: lentamente le ancelle di Sibilla diventano magiche fate molto simili a quelle della cultura nordica; si diffonde il racconto delle misteriose danze notturne di pastori e contadini con queste fate, e si dice che alcune di esse, come quelle di Pretare, si siano addirittura trasformate in donne “normali”.

Una (brutta) foto che ho fatto a Pretare, alla Festa delle Fate 2015: ogni tre anni il pese mette in scena la danza delle fare e dei pastori.

I racconti sulle strolleche sono nati così, ma siamo sicuri che siano soltanto racconti?

Streghe di ieri e di oggi


Al di là della volontà di accostarsi a forze sovrumane, le donne dei Sibillini possedevano davvero una conoscenza preclusa agli uomini: l’uso e le proprietà di erbe, piante, pietre… tutto ciò che poteva essere utile per la cura della famiglia, delle altre donne e della casa, in tempi in cui farmacia e supermercato non erano proprio dietro l’angolo. Inoltre, queste donne conoscevano e mettevano ancora in pratica tantissimi rituali di origine precristiana (ancora oggi lo facciamo tutti! con l’acqua di San Giovanni ad esempio…).
Si tratta di conoscenze importanti che rendono queste donne forti e sapienti, che spaventano chi ha fatto tesoro dell’insegnamento degli Osservanti e che sono sconvenienti se detenute da una donna.
Si pongono così le basi per la caccia alle streghe, che avrà il suo terribile epilogo durante l’Inquisizione, ma questo è un altro discorso; ciò che ci interessa qui è che le sapienti donne del territorio si confondono con le magiche cortigiane della Sibilla e con quelle fate che fanno danzare i pastori, e così diventano maghe, streghe, sibille, e strolleche.

Due streghe che mettono ingredienti in un calderone: un gesto molto simile a quello che ogni donna faceva quando cucinava… [da Ulrich Molitor, De lamiis et phitonicis mulieribus – Sulle streghe e donne divinatrici (1489), fol. 15r.]


Angeruta emerge quindi dalle fila di queste donne sapienti, inquietanti, sibilline, grazie al Piccolpasso e ad una storia scritta secoli fa, che più volte è stata trasmessa oralmente dagli abitanti di queste zone perché non raccontava “soltanto una storia”. L’anziana divinatrice diventa molto più che una delle tante strolleche degli Appennni: rappresenta la leggendaria vocazione profetica e magica delle donne del territorio riassumendo in sé una parte importante della storia dei Sibillini.

 

 

 

p.s. tutte queste cose le ho scritte già per “L’Eco del Nera”. Qui le riscrivo un po’ rivisitate 

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