Con questo contributo si intende fornire uno strumento utile al residente, al decision maker, o al semplice turista, che voglia distinguere tra i numerosi testi, disponibili online e a stampa, i lavori scientifici da quelli non scientifici.
Si chiariscono innanzitutto le caratteristiche proprie del “mito” e successivamente l’origine delle diverse letture più o meno fuorvianti che ne sono state date.
Il “mito” della Sibilla dell’Appennino costituisce uno dei tratti distintivi dei monti Sibillini: è presente in numerose fonti storiche a partire dal XV secolo e riaffiora oggi nella quotidianità degli abitanti dei luoghi appenninici in racconti, feste popolari e occasioni di promozione di prodotti locali. Proprio per quest’ultima ragione il complesso di leggende sibilline può costituire un importante fattore nella pianificazione di strategie per la valorizzazione del territorio.
Le fonti storiche prodotte su questo tema hanno subito svariati processi di interpretazione, che a partire dal XIX secolo hanno attribuito al mito originario nuovi significati, soprattutto di ambito esoterico, fino a definire una nuova “Sibilla Appenninica”, che non ha più rapporto col territorio che l’ha generata.
Si chiariscono innanzitutto le caratteristiche proprie del “mito” e successivamente l’origine delle diverse letture più o meno fuorvianti che ne sono state date.
Questo è l’articolo che ho scritto per “Il Capitale Culturale” la rivista promossa dalla Sezione di Beni Culturali del Dipartimento di Scienze della Formazione, Beni Culturali e Turismo dell’Università di Macerata.
è tratto dalla mia tesi di Laurea Magistrale (2015) e contiene i miei primi studi sulla “questione” della Sibilla dell’Appennino. Mentre lo scrivevo pensavo di avere finito con la Sibilla, invece avevo solo cominciato 🙂
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